Società
12/04/2013
La vita di Maz
Una lunga corsa dietro l’amore
“Sono stato concepito sulla neve il 26 novembre 1950 dietro le mura di Porta Lame a Bologna proprio dove i partigiani nel ‘45 cacciarono i tedeschi. Mia madre aveva 23 anni, mio padre, che non ho mai conosciuto, 18. Sono cresciuto con i nonni e la mamma”. A raccontarlo è Alessandro Moruzzi, Alex, 62 anni di cui trenta vissuti a San Francisco e dintorni.
“Il nonno mi voleva molto bene. Mi ha insegnato a vivere e a fare tanti mestieri che un giorno mi sarebbero venuti buoni. A scuola ero un disastro, sempre insofferente. Inventavo cose incredibili su mio padre. Dicevo che era marinaio o in guerra a combattere i cattivi. L’ho odiato a tal punto che per un periodo ho girato con il coltello in tasca perché se fosse apparso dicendo: “sono tuo padre” l’avrei ammazzato. Solo dopo tanti anni, grazie all’incontro con Daphne, la mia bellissima Shamana, ho fatto pace con lui e l’ho ringraziato perché quando mi ha concepito lo ha fatto con amore e senza saperlo mi ha dato la spinta ad essere quello che oggi sono, una persona felice”.
Negli anni 50-60 Bologna era divisa in bande sempre in lotta tra di loro. Alessandro era dei Rocks, la banda di Via Lame. Gli scontri andavano a cercarli. Erano botte, tante botte. “Purtroppo tutto finisce quando la mia famiglia cambia zona”. Nel quartiere Murri, dove iniziano le colline bolognesi, non trova macerie e prostitute ad ogni angolo, ma ricche famiglie, ben vestite e un bel parco, la ‘Lunetta Gamberini’, con tante idee e proposte per i giovani. Qui crea una band i Drops, stavolta di musicisti improvvisati. Cominciano a suonare e a farsi le prime canne. Alle feste dell’Unità sparano Bandiera rossa e Bella ciao a tutto rock. Erano bravi, li chiamavano a suonare al mare e nelle feste di paese.
“Siccome sapevo che non avrei fatto il militare perché figlio unico di madre nubile – continua Alex -, mi sono presentato ai tre giorni in caserma facendo lo sbruffone e con i capelli lunghi alla Nazzareno. Vengo esentato. Lo sapevo e me la rido. Succede però che ad uno dei nostri concerti una ragazzina di famiglia molto ricca s’innamora di me. Usciamo insieme fino al giorno in cui il padre si presenta a casa mia, suona alla porta, mi guarda duro e dice: “Ci vediamo tra due anni”. Non capisco. Due giorni dopo i carabinieri mi consegnano la cartolina che ordina di presentarmi immediatamente nella caserma dei paracadutisti Folgore di Pisa. Rido meno. Non sapevo che il padre fosse nel giro dei generali”.
Qui Alessandro passa 18 mesi tremendi. I più brutti della sua vita.. La lingua parlata era quella della destra militante a lui completamente sconosciuta. I miti: la forza, il coraggio, la patria. Non gli perdonano nulla. Una punizione dietro l’altra. Impazzisce. Tenta il suicidio. Lo salva il cappellano militare che l’aiuta a mettere insieme una band con altri parà. Ricomincia a suonare il rock, ma solo alla messa della domenica.
“Tornato a casa mi innamoro di una bellissima ragazza, la madre di mio figlio Ilijc. Ci sposiamo, divento maestro delle elementari come lei e lo farò fino all’11 marzo del 1977 quando i carabinieri, in uno scontro con i ragazzi del Movimento, uccidono Francesco Lorusso studente di medicina. La città è travolta dai disordini. Avevo 28 anni, ero già separato e con un figlio di tre. Lascio la scuola e seguo gli tutti gli scontri di quegli anni. Ricomincio a suonare, fare teatro sperimentale e animazione con i bambini”.
Per inseguire una ragazza del “Movimento” va a vivere in una comune a Sasso Marconi nell’Appennino bolognese. “Allevo lumache e lombrichi –ricorda ridendo - ma era un mondo troppo lento per chi suona il rock. Saluto tutti e torno a Bologna. Entro nel Centro Roselle dove si progettava teatro creativo e cervellotico”.
Qui, insieme con un gruppo di amici, formano la Banda Roselle. Suonano e fanno teatro di strada. Entra anche nel Leaving Teatre un gruppo molto politicizzato. I loro spettacoli erano seguiti, soprattutto dalla polizia. Poi a Bologna arrivano Les Comedians, attori di strada di Barcellona.
“Diventiamo amici – riprende Alex-. La nostra Banda viene invitata a Barcellona al festival dei teatranti di tutto il mondo. Là m’innamoro di una bellissima ragazza spagnola, un’artista che seguiva gli spettacoli. La banda torna a casa senza di me. A Barcellona non si dormiva mai era una festa continua. Il generalissimo Franco era morto. La bellissima ragazza spagnola mi smolla di colpo.
Piango disperato per tre giorni quando ecco apparire una bianchissima ragazza americana che mi invita a San Francisco. Non ci credo. Sognando la California era il pezzo che suonavo e fischiavo quando ero felice. Piaceva anche a mia mamma. Per comprarmi il biglietto dell’aereo vendo la mia ‘Guzzi California’.
Ecco a girare per San Francisco, con una ragazza dal fisico stupendo che lavora nel circo come equilibrista. Sono contento.
Inizio a lavorare con la Soon Tre, un gruppo d’avanguardia californiano. Mi invento il ruolo di direttore tecnico. Unendo i libri fai da te a quello che avevo imparato dal nonno, costruisco scenari, tavoli, finestre, pannelli luminosi. Avevo 33 anni. Con la compagnia vado nei festival di mezza Europa. In uno di questi viaggi incontro una divertente soprano americana che mi sposa. Riesco così ad avere Green Card, il permesso di soggiorno americano. Poco dopo mi lascia. Stavolta non piango”.
Alex ha bisogno di soldi. Inizia allora a proporsi nel design delle luci e in tutte lo opportunità che gli capitano compreso posare nudo per pittori dilettanti. Guadagna un sacco di soldi che gli permette di comprare una palazzina disastrata che restaura tutto da solo.
Durante uno spettacolo dei Soon Tre, incontra Joan Jeanrenaud, una affascinante e dolce violoncellista. Con lei e il suo quartetto gira tutto il mondo. Alex li segue come scenografo e direttore tecnico. Nasce un grande amore, hanno anche un figlio che però non riesce a nascere. Quando decidono di separarsi lo fanno solo per sentirsi più liberi. Dividono la palazzina in due parti continuandosi a vedere e a volersi bene
In Argentina inseguendo una ragazza italiana, ballerina di flamenco, incontra Elizabeth Kubler Ross una signora che parla della morte come un passaggio non drammatico. “Sono così colpito che decido di passare un periodo con lei seguendo i pazienti terminali del California Pacific Medical Center. Esperienza che mi aiuterà molto quando mia madre, colpita da un tumore, mi chiama a casa. Passo nove mesi con lei a coccolarla. Sono il figlio, l’infermiere, il cuoco, il padre spirituale. Non fa un giorno di ospedale. Muore una mattina di maggio con il sole che entra nella stanza e la illumina. Mi lascia con un sorriso, stringendomi forte la mano”.
Gli torna la voglia di viaggiare. Stavolta non per inseguire bellissime ragazze, ma da solo con i suoi tempi, con la sua Suzuki. Passa mesi in sella alla sua moto. Corre dall’Alaska alla Terra del Fuoco. Ogni volta che il paesaggio diventa incantevole come in un sogno si ferma, scende dalla moto, alza le braccia e lo dedica a Ilijc. Ilijc il figlio che aveva lasciato a nove anni ma che ha sempre portato nel suo cuore in qualsiasi parte del mondo fosse andato alla ricerca di principesse, draghi o di castelli fatati.
novembre 2024
EDITORIALE
di: Alberto Bortolotti
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