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TESTO E FOTO DI
Stefano Gruppuso
Biolubrificanti a rapida biodegradabilità, componenti innovativi e sostenibili per il settore cosmetico e bioerbicidi che conciliano produttività, sicurezza e rispetto dell’ambiente nel trattamento di piante infestanti. Questi i più recenti bioprodotti messi a punto dalla Novamont, gruppo italiano leader a livello internazionale nel campo della chimica, dell’agricoltura e dell’ambiente.
Inizialmente centro di ricerca dentro la Montedison, Novamont esce nel 1996 dal grande gruppo industriale italiano attivo prevalentemente nella chimica e conquista una sua autonomia in seguito all’acquisizione da parte di Intesa SanPaolo e di un fondo di Investitori Associati.
Novamont ha sede a Novara dove si trova il centro direzionale e di ricerca dell’azienda, vi lavorano oltre 600 dipendenti, di cui circa 150 ricercatori, distribuiti tra la sede centrale e i 4 siti produttivi in Italia. L’azienda investe nel settore ricerca e sviluppo il 6 % del fatturato, quest’ultimo pari, nel 2018 a oltre 230 milioni di euro, e, negli anni, accumula circa 1800 brevetti, tra quelli registrati e quelli in attesa di registrazione. Grande importanza il gruppo assegna all’attività di formazione e aggiornamento professionale attraverso i numerosi percorsi multidisciplinari che ogni anno mette in atto. Il costante orientamento verso l’innovazione ha permesso all’azienda di raggiungere alti livelli qualitativi anche in ambito internazionale specie nel settore della bioplastica e nello sviluppo di bioprodotti e biochemical e ciò grazie anche alle sue sedi presenti negli USA, in Germania, Francia e Belgio.
Alla base del successo aziendale c’è il MATER-BI, un’innovativa famiglia di bioplastiche, ideata e prodotta da Novamont, che utilizza componenti vegetali. Questo prodotto, messo a punto nel 1989 ha subito, in seguito alla continua ricerca scientifica e sperimentale, una costante evoluzione sia sul piano della tecnologia di produzione sia sulla tipologia di materia prima vegetale da cui è ottenuto. Tali miglioramenti sono stati così sostanziali che oggi il MATER-BI è giunto alla quarta generazione e, per di più, con la prospettiva di passare molto presto alla quinta.
Diversi i settori nei quali queste bioplastiche hanno trovato impiego quali prodotti utili allo scopo, ma con il valore aggiunto della biodegradabilità e della compostabilità. Dai tradizionali sacchetti dei reparti ortofrutta della grande distribuzione alle posate e stoviglie monouso, dai contenitori per la raccolta differenziata alle capsule per il caffè e ai teli per la pacciamatura in agricoltura per proteggere le colture dalle erbacce, teli che al termine del loro utilizzo si disintegrano e vengono assimilati dal terreno e, infine, alle cosiddette “calze” biodegradabili per l’allevamento in mare delle cozze.
Nel modello di bioeconomia promosso dalla Novamont non c’è solo il settore dello sviluppo delle bioplastiche. E’ presente anche la strategia di reindustrializzare siti dismessi perché non più competitivi. L’obiettivo è quello di dar vita a bioraffinerie riconvertendo le precedenti strutture nel rispetto delle specificità dei vari territori e integrando nella realizzazione i vari attori possibili.
Una strategia che ha trovato applicazioni di successo.
In sostanza, come scrive Catia Bastioli AD del gruppo Novamont in un suo recente libro, la sfida di “decarbonizzare l’economia e riconnetterla con la società” può essere vinta e gli esempi non mancano.