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TESTO E FOTO DI

Redazione

Vendemmia: la siccità esalta la qualità ma taglia i conferimenti

Iniziata in netto anticipo rispetto alla media a causa delle condizioni climatiche eccezionali, la vendemmia si sta concludendo in questi ultimi giorni. Per avere una fotografia dell’andamento nel territorio reggiano, abbiamo rivolto alcune domande a uno dei massimi esperti del settore, Davide Frascari, presidente di Emilia Wine, la cooperativa vinicola, aderente a Confcooperative, nata nel 2014 dalla fusione delle cantine di Arceto, Prato e Correggio e fortemente legata al territorio reggiano, che spazia dalle pianure di Correggio, San Martino e Rubiera fino ai colli di Arceto, Scandiano e Casalgrande.

 

Presidente, come si è conclusa la vendemmia nel comprensorio reggiano?

L’uva dei nostri soci ha mostrato un ottimo livello qualitativo e, anche grazie all’assenza di precipitazioni, non si è registrato alcun caso di Botrite (Botrytis cinerea), temibile parassita della vite. Al momento possiamo quindi affermare che ci sono tutti i presupposti per ottenere vini di buona qualità da questa materia prima.

 

Passando dalla qualità alla quantità, come ha influito su questo aspetto l’andamento meteorologico di quest’anno?

Le alte temperature e la siccità hanno determinato una generale contrazione produttiva, che si è attestata su livelli mediamente elevati pur registrando sensibili variazioni tra i diversi vitigni e nelle differenti zone produttive. La diminuzione più consistente ha interessato l’uva Ancellotta, molto ricca di pigmenti coloranti e caratterizzata da media alcolicità e bassa acidità e per queste ragioni particolarmente adatta per il taglio; il calo per questo vitigno è risultato abbastanza omogeneo su quasi tutto il territorio (-30/35%), ma ha raggiunto punte del 45% nella Val d’Enza e nella zona di Masone, anche a causa delle violente grandinate che in primavera hanno interessato queste aree.

La concentrazione zuccherina risulta però superiore rispetto all’anno scorso, mostrando 1 Grado Babo in più.

 

 

E per quanto concerne il Lambrusco, il vitigno più diffuso nel comprensorio reggiano, qual è la situazione produttiva?

Le particolari condizioni climatiche hanno provocato una diminuzione produttiva anche per il Lambrusco, che si è però attestata su livelli più contenuti, mediamente attorno al 25%, e ha mostrato un andamento più disomogeneo tra le diverse aree, ed anche all’interno della stessa zona, rispetto all’Ancellotta.

 

Analizzando le varie tipologie di Lambrusco, osserviamo che la contrazione ha raggiunto il 20% per il vitigno Salamino, il 30-35% per il Sorbara e il 50% per il Lambrusco Grasparossa, concentrato nelle zone collinari e pedecollinari, colpito dalla brinata di aprile che ha danneggiato maggiormente questa varietà a germogliamento precoce.

Complessivamente, comunque, al di là delle diverse percentuali di calo produttivo che hanno interessato i vari vitigni, occorre ricordare che la famiglia dei Lambruschi Salamini è di gran lunga la più diffusa per quanto riguarda le superfici coltivate, un aspetto che influisce sulla diminuzione generale della produzione di uva di questa varietà.

In generale le principali cause della contrazione produttiva sono da ricercare nella brinata registrata in aprile e nella persistente siccità, che ha raggiunto il culmine in estate ma è iniziata già in primavera, aggravata da una ventilazione costante. Per avere un quadro completo ed obiettivo della situazione, occorre però ricordare che già all’inizio dell’anno gli agronomi avevano evidenziato una minor quantità di grappoli sui tralci rispetto al 2016, annata di buona produzione con un incremento del 28% dell’Ancellotta sul 2015.

Bisogna inoltre sottolineare come il calo produttivo sia in parte attenuato dal raccolto dei nuovi vigneti entrati in produzione quest’anno, che nell’area del Lambrusco hanno interessato una superficie di 1.700 ettari con un incremento del 3-5%.