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TESTO E FOTO DI

Matteo Franzoni

L’arte secondo Vittorio Sgarbi Presentazione del volume “Dall’ombra alla luce. Da Caravaggio a Tiepolo. Il tesoro d’Italia”

Un pomeriggio da ricordare quello di domenica 12 febbraio al forum Monzani dove per la rassegna “Incontri con gli autori”  Vittorio Sgarbi ha tenuto un’interessante lezione sull’arte italiana del seicento, un secolo scoperto solo da poche decine d’anni, che riserva grandi scoperte artistiche di valore inestimabile.

 

Vittorio Sgarbi sale sul palco del forum Monzani accolto da una platea in trepidante attesa che lo applaude a scena aperta sin dal suo ingresso, quando il critico d’arte si intrattiene a salutare vecchi amici modenesi. La dialettica è subito accesa e veemente con Sgarbi pronto ad elogiare Modena, una città che ama, una provincia viva che ha come fiori all’occhiello la Ferrari e il lambrusco, vino che ama particolarmente, mentre la “sua” Ferrara non gli risulta altrettanto cara, venendo definita una città morta che non ha rispetto di chi negli anni ha portato avanti il suo nome, citando oltre sé stesso anche il famoso regista Michelangelo Antonioni. Torna poi a Modena raccontando del suo ricovero in ospedale, spiegando ad un pubblico curioso e attento che si trovava a Verona per lavoro, sulla via del rientro poco dopo Mantova ha sentito che il suo cuore non funzionava a dovere e ha chiesto al suo autista di portarlo in ospedale quando era nei pressi di Modena e i medici lo hanno salvato, dicendogli che se avesse proseguito il suo tragitto anche solo di mezz’ora sarebbe morto. Dopo questi complimenti allo staff medico e alla città è intervenuto un uomo dal pubblico che ha deciso di stuzzicare Sgarbi chiedendogli come mai, se ama così visceralmente Modena, ha fatto aspettare tanto i presenti e qui il critico dà il meglio sé scusandosi del ritardo, di non averlo fatto volontariamente perchè era in studio televisivo a registrare una trasmissione, ma che per lui l’ora di ritardo, dopo essere stato a mezz’ora dalla morte, poteva essergli perdonata e il pubblico scatta in un applauso spontaneo e sentito. L’incontro, dopo questa divagazione personale, si concentra sull’arte e sul quarto volume, di una serie di cinque, scritto da Sgarbi “Dall’ombra alla luce. Da Caravaggio a Tiepolo. Il tesoro d’Italia”, anche se forse non sarebbero stati sufficienti venti volumi sulla ricchissima storia dell’arte italiana.  La disquisizione parte dal Vasari, che nel millecinquecento considerava la storia dell’arte provenire dalla Toscana, come del resto la lingua italiana, come stabilito da Pietro Bembo che indicava come lingua da seguire quella di Petrarca e Boccaccio. A contrastare questo pensiero sarà Roberto Longhi nel millenovecento, con la sua opera “Officina ferrarese”, dove viene raccontata la grandezza dei pittori padani. Longhi, nato ad Alba ma figlio di carpigiani vuole cancellare il concetto che l’arte sia solo toscana ed è stato lui, con i suoi studi, ad inventare il termine Padania, delimitandone i territori. L’area padana è stata da sempre fertile di bellezza e di grandi artisti come Morandi, definito il più grande pittore di tutti i tempi da Longhi, Caravaggio, un illustre padano e Parmigianino. La storia dell’arte è stata scritta anche da un famoso modenese, Adolfo Venturi, in venticinque volumi dal duecento al rinascimento del cinquecento, mentre nessuno parlerà del barocco, considerato uno stile inferiore di cui non occuparsi, fino a Longhi. Il seicento è stato un secolo artistico scoperto tardivamente, solo nel novecento artisti del calibro di Caravaggio, Battistello Caracciolo, Artemisia Gentileschi hanno cominciato ad avere la notorietà che meritano. Prima di Caravaggio le luci da protagonista erano accese su Guido Reni, suo nemico acerrimo, noto per il suo classicismo, al contrario delle ombre del Merisi e il volume di Sgarbi vuole essere un riportare gli artisti più dimenticati alla luce perché l’Italia ha un tesoro inestimabile, siamo il paese più ricco al mondo artisticamente parlando e la storia del critico parte da Siena, considerata allora la Toscana di serie b, e da un capolavoro “Il ciarlatano” dipinto da Bernardino Mei che il critico mostra al pubblico nella sua bellezza e sottolinea di essere davanti a un patrimonio artistico che non conosciamo minimamente. Il libro è un procedere per regioni, a Roma si trovano capolavori di Caravaggio, Giovanni Serodine, un ticinese rivalutato dalle ricerche di Roberto Longhi, Carpaccio, un pittore di fantasia e sogni che rappresenta un mondo sublime, Gian Battista Gaulli detto il Baciccio, Andrea Bolgi, scultore della scuola del Bernini che esprime la sua arte prima a Roma, poi a Napoli. In Lombardia si trovano a produrre Francesco Cairo, riscoperto solo negli anni settanta come Tanzio da Varallo, autore di affreschi meravigliosi, Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone, Giacomo Ceruti, l’ultimo grande pittore della realtà. In Liguria Sgarbi illustra pittori del calibro di Bernardo Strozzi con il suo mondo festoso e agreste, Luigi Miradori detto il Genovesino. A Napoli fu presente Battistello Caracciolo con la sua pittura di luci e ombre, Mattia Preti, Artemisia Gentileschi, la più fedele della scuola di Caravaggio. In Emilia Romagna Sgarbi cita il Guercino e un suo allievo, Guido Cagnacci, con una pittura dei sensi e dell’eros, Benedetto Zalone che rappresenta per la prima volta il bimbo in braccio a Giuseppe. A Firenze, con il tentativo di rinverdire i fasti del rinascimento produce l’artista Francesco Furini, a Bologna Marcantonio Franceschini. In chiusura una parola su Giambattista Tiepolo, citando un omaggio alla letteratura di Goethe che si innamorò dell’Italia e la descrisse come sublime e naturale, proprio i due aggettivi che definiscono i Tiepolo, Giambattista e Giandomenico, padre e figlio. Un lungo elenco di artisti sconosciuti che Sgarbi spera di riportare alla luce che meritano grazie alle magnifiche opere che hanno donato al patrimonio artistico italiano, un incitamento a conoscerli anche attraverso il suo volume che mostra le riproduzioni di questi capolavori, che una volta visti rimarranno per sempre incisi nella memoria per la loro bellezza.