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TESTO E FOTO DI
Matteo Franzoni
Riccardo Benini è il direttore artistico dei RAGNO D'ORO AWARD 2015, serata dedicata ai modenesi che hanno onorato la loro città. Nel presentare l’evento spiega al folto pubblico presente al Forum Monzani che la manifestazione sarà sobria e ampia in onore e memoria di Gianluigi Brugnoli, detto Titti, grande modenese e ideatore del premio stesso, persona di grande cuore vicino al Comitato Unicef di Modena, scomparso recentemente. Benini nel presentare l’ospite d’onore, Roberto Vecchioni, lo definisce uno dei più grandi poeti della canzone e uomo di cultura italiana.
Ad inizio serata
Ad inizio serata Guido De Maria, grande artista poliedrico nato sotto la Ghirlandina, ha l’onore e onere di leggere un ritratto di Gianluigi Brugnoli scritto da Roberto Armenia, fine giornalista modenese, che fa sciogliere il pubblico dell'auditorium Monzani in un fragoroso e commosso applauso. Poi è Riccardo Benini a prendere la parola per presentare la 59 edizione del "Ragno d'Oro Award 2015, il cui incasso sarà devoluto all’Unicef per aiutare i bambini orfani colpiti dalla terribile malattia ebola che sta colpendo l’Africa. Adonella Ferraresi, presidente provinciale di Unicef, ha ringraziato la collaborazione della Banca Popolare dell'Emilia Romagna, i tanti sponsor che hanno contribuito alla realizzazione della serata e in modo particolare la grande generosità dei modenesi che hanno permesso di costruire a Kinshasa, nel Congo, il Villaggio Modena per accogliere i bambini abbandonati e dar loro un mestiere. La Ferraresi ricorda in chiusura del suo discorso di ringraziamento che le risorse finanziarie in questo momento storico sono davvero poche e che bisogna sempre inventarsi delle iniziative per continuare a far fronte alle tante necessità dei più indigenti.
I premi
Presidente della giuria è il rettore dell'Università di Modena e Reggio Emilia, il Professore Angelo Oreste Andrisano. Il primo riconoscimento, "Premio Industria", è per Stefano Bonacini, giovane industriale carpigiano dalle grandi capacità gestionali dell’azienda di moda Gaudì, che gode di mercato e fama mondiale. Straordinaria tenacia imprenditoriale e passione che egli dimostra anche come presidente della squadra di calcio del Carpi.
Segue il riconoscimento "Premio Sport" ed è la volta del ventenne Gregorio Paltrinieri, anche lui di Carpi, che si è affermato come campione europeo e mondiale di nuoto sulla distanza dei 1500 metri e ha trionfato ai campionati assoluti italiani, ragazzo che ha dimostrato capacità di sacrificio e rinunce ottenendo prestigiosi risultati sportivi.
Infine il "Premio Giornalismo" va a Leo Turrini per il suo eclettismo perché capace di occuparsi di varie categorie sportive (le biografie su Ferrari, Bartali, Schumacher, Senna) ma anche di musica leggera sempre con ottimi apprezzamenti dal pubblico.
Lo spettacolo
La serata riserva uno spettacolo d'eccezione, quello di Roberto Vecchioni in concerto, cantautore che ha trionfato al Festival di Sanremo nel 2011 con la canzone "Chiamami ancora amore". Sale sul palco cantando poi a fine brano mette subito in chiaro il titolo dello spettacolo ”Il mercante di luce”, che è anche il titolo del suo libro.
Brano dopo brano svela agli spettatori il contenuto, ma se volessimo fare un veloce riassunto utilizzeremo questa frase “non importa quanto viviamo ma con quanta luce viviamo” che sembra essere scritta apposta per il grande Titti che di luce ne ha avuta talmente tanta da riuscire ad illuminare parecchi uomini, dai più benestanti ai meno abbienti fino ai nulla tenenti. Perché dice Vecchioni che è importante la forza, la passione e il desiderio con i quali si vive. Il libro racconta di un padre che tenta di insegnare al figlio, affetto da una malattia gravissima che lo invecchia precocemente e lo destina a morte certa, ad amare la vita nonostante tutto. Cerca di trasmettergli tutto il suo sapere essendo un professore di letteratura greca e il racconto prende spunto proprio da quella che per lui è la culla della vita e della civiltà. Il libro è un inno alla vita: un padre spaccato in due dal dolore per la malattia del figlio che si innamora nuovamente della vita e un figlio che capisce cosa significa vivere grazie ai racconti del padre.
E' una serata di musica e canzoni ma anche di recitazione e lettura. Vecchioni si rivolge ai tanti presenti dicendo “Voglio che andiate a casa pensando che la vita è veramente bella, e poco importa se la vita fine a se stessa ha un senso oppure no, perché il senso della vita dobbiamo darglielo noi con quello che pensiamo e facciamo”. Poi parte con un altro emozionante brano “El Bandolero stanco”.
La stella polare
Il cantautore lombardo lamenta le violenze esistenti tra gli uomini e le divisioni socio politiche odierne che giudica mediocri. Non accetta di seguire il progresso fatto da uomini vuoti e meschini che disorientano i propri simili facendo perdere loro l’unica vera stella da seguire, la stella polare, sinonimo di umanesimo, fatto di affetti e buoni sentimenti. Lui vuole lasciare un’eredità che gli è stata tramandata dagli antichi e cerca di farlo tramite il suo libro che inneggia l’arte in tutte le sue sfaccettature.
L’arte è conforto, piacere e meraviglia e pensa che anche i più grandi scrittori e poeti di oggi non ci sarebbero se non fossero esistiti Sofocle, Saffo e tanti altri classici, perché da loro abbiamo imparato cosa sono le controversie del nostro animo.
Svela poi che nel suo romanzo l’ultimo messaggio che il ragazzo lascia scritto al padre prima di morire assomiglia molto al messaggio lasciato dallo stesso Vecchioni al proprio padre per ringraziarlo di quanto è stato grande, con i suoi silenzi e nelle sue accettazioni donandogli sempre la risposta consolante che lui desiderava.
Come è meravigliosa la vita quando si capisce che la vita vuole meravigliarti.
Una riflessione sull’amore
A Roberto Vecchioni affascina più che l’amore tra i ragazzi quello tra le persone mature e cita un epigramma che lo ha molto colpito e che a suo dire pochi conoscono: “sia che lucente ti veda di neri capelli signora, sia che biondi di chiome ti riveda, pari ne sfolgora sempre la grazia se fossero bianchi quei capelli abiterebbe in quei capelli amore. Parafrasando Saffo chiude dicendo che l’amore è fatica e non si può amare se non si sta male, se non si sente dentro questo qualcosa e se quando l’amore se ne va non si sente nel petto un sussulto allora vuole dire che non è vero amore.
Il bilancio di una vita a colori
Insegnare greco non vuole dire capire un insieme di parole ma significa capire una lunga fila di premesse del destino, un incessante cercare di capirsi tra il niente e il cosmo, significa ricollocare al loro posto tempo e spazio. Racconta ancora di se quando faceva le medie e non capiva molte cose ma si innamorò del greco quando suo padre gli disse di lasciarlo perdere. A Vecchioni sembrò un’avventura e a 12 anni per il compleanno si fece regalare un Rocci il massimo dizionario greco italiano, da quel momento scattò l’amore per quella lingua che aveva la capacità di parlare in modo metrico e poetico delle cose della vita .
Ricorda romanticamente di quando per fare ricerche bisognava muoversi e andare in biblioteca e quando si trovava la nozione cercata era una conquista pazzesca mentre oggi si è perso quel fascino perché con internet tutto è a portata di mano compreso le sciocchezze.
Una volta la vita era davvero a colori, oggi tutti i colori sono uguali.
Poi attacca con il brano “I colori del buio”.
La parola è sacra
Per Vecchioni la vita è sempre troppo breve anche quando è lunga e le parole che si spendono durante la propria esistenza devono essere sempre ben soppesate e pensate. Conclude con un inno alla vita consigliandoci di non smettere mai di sperare e delizia i presenti con una lirica scritta da lui intitolata “Ho conosciuto il dolore”, quindi saluta il pubblico e lascia il palco. A questo punto scatta un calorosissimo e prolungato applauso che commuove Vecchioni, richiamandolo tra la folla che lo acclama e parte un bis, non preparato, che emoziona l’intero auditorium, rendendo davvero magica e lucente la serata.