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TESTO DI Matteo Franzoni |
Il Piano integrato sulla qualità dell’aria recentemente adottato dalla Regione non soddisfa il Tavolo dell’Imprenditoria dell’Emilia Romagna a cui aderiscono 15 associazioni che rappresentano quasi 340.000 aziende ed oltre 845.000 addetti.
Il PAIR 2020 infatti non tiene in alcuna considerazione le osservazioni presentate dalle Organizzazioni del TRI e aumenta, ancora una volta, i vincoli per le imprese. Una scelta preoccupante, secondo il Tavolo, in particolare in un momento di grande difficoltà come quello attuale, e tecnicamente non corretta in quanto fondata in gran parte su misure di carattere emergenziale che incidono in modo irrilevante sulle cause dell’inquinamento atmosferico.
A tale proposito, per quanto riguarda ad esempio le PM10, l’apporto del mondo produttivo è inferiore al 10%. Un dato che indica il buon lavoro svolto dalle imprese in termini di prevenzione dell’inquinamento, soprattutto a partire dal 1998, quando sono state emanate le prime norme sul controllo delle emissioni in atmosfera.
“Ciò nonostante – affermano le associazioni aderenti al Tavolo dell’Imprenditoria – il Piano Aria Integrato, se approvato nell’attuale versione, danneggerebbe in modo rilevante il sistema produttivo regionale con misure penalizzanti come quella del cosiddetto ‘saldo zero’. Un provvedimento secondo il quale per ‘compensare’ l’apertura di un nuovo impianto o stabilimento che produce emissioni in atmosfera un’azienda dovrebbe coprire le spese necessarie per realizzare una pista ciclabile, un parco, una barriera verde etc. con un conseguente notevole aggravio finanziario”.
Senza contare che le imprese delle regioni confinanti non devono rispettare tali vincoli e pertanto questa misura produrrà una concorrenza sleale colpendo le aziende emiliano-romagnole che, nonostante la crisi, stanno faticosamente continuando ad investire in nuovi processi produttivi e che, non bisogna dimenticarlo, prima di altre hanno seguito scrupolosamente apposite normative per il controllo delle emissioni atmosferiche.
L’ulteriore limitazione del traffico veicolare nelle aree urbane crea un danno economico alle attività commerciali e di servizi inasprendo le conseguenze che già derivano dalla pesante crisi dei consumi e le estensioni delle zone a traffico limitato (ZTL) e delle aree pedonalizzate non possono essere previste in modo generico ma vanno progettate caso per caso, tenendo conto delle specifiche situazioni territoriali e garantendo le adeguate strutture di sevizio (come i trasporti pubblici ed i parcheggi di prossimità).
Anche le aziende zootecniche, importanti protagoniste dell’economia regionale, dovranno sostenere costi molti elevati per rispettare la nuova normativa e rischieranno così di soccombere sotto il peso di misure assolutamente sproporzionate al reale peso del comparto, che confermano un accanimento nei confronti del settore produttivo.
Un atteggiamento assolutamente fuori luogo, secondo il Tavolo dell’Imprenditoria, anche perché la qualità dell’aria in Emilia Romagna è sensibilmente influenzata dall’inquinamento che caratterizza tutta la pianura padana e le misure applicate sul territorio regionale possono avere soltanto un’efficacia parziale. L’Emilia Romagna, infatti, concorre per meno di un terzo alle emissioni di PM10 del Bacino Padano e per meno del 20% per ciascun inquinante. Inoltre, la Regione non può incidere sulle emissioni autostradali, che pesano per il 36% sulle emissioni provenienti dai trasporti, e nemmeno sui sette impianti a rilevanza nazionale per la produzione di energia elettrica, che da soli emettono il 10% delle PM10 totali.