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TESTO DI Pier Luigi Nanni |
Era l’ormai dimenticato 1864 quando, Vittorio Emanuele II° inaugurò la ferrovia Porrettana che fu il primo collegamento attraverso l’Appennino, tra la Toscana e l’Emilia-Romagna, collegando Bologna a Pistoia.
Progettata dall’ingegnere francese Jean Louis Protche, al tempo fu un’opera di grande prestigio e di enorme portata ingegneristica, con le 47 gallerie e 35 tra ponti e viadotti, per una lunghezza totale di 99 km.
Il 2014 è una data molto importante da quando è stata inaugurata tale tratto di ferrovia, poiché adesso è in disuso ed utilizzata esclusivamente dai pendolari che, residenti nella montagna bolognese e pistoiese, ne fanno uso.
Come regalo per la sua veneranda età e per un mero calcolo di “grande miopia”, le FFSS hanno intenzione di ridurre ulteriormente il già poco traffico e forse (!) di sopprimerla definitivamente: come regalo non è niente male vero? Già, proprio un bel regalo per chi ha servito fedelmente un vasto pubblico e può servirne ancora tanto, se venisse considerata, giustamente, per quanto fa e ciò che ha rappresentato in questo secolo e mezzo per le genti dell’Appennino tosco-emiliano! Fu un’opera mastodontica costruita con fantasia e genialità, che nel tempo rischia di perdere il suo enorme valore storico e sociale.
Vediamo di ripercorrere i momenti difficile ed “impossibili” per le tecnologie ingegneristiche di allora.
Il tratto tra Pracchia e Pistoia, fu la grande sfida futuristica in cui il nostro ingegnere si buttò con impegno e determinazione nel risolvere una situazione naturale che le montagne rappresentavano, in quanto considerate insuperabili.
Furono 26 km decisamente ardui da superare, in quanto vi era un dislivello di 550 m considerato impossibile per le macchine a vapore di allora. Il progettista risolse il problema con il classico colpo di genio: ideò una galleria semi-elicoidale nel tratto Piteccio - Corbezzi che allungava il percorso facendo così diminuire la pendenza. Impensabile per allora, fu anche la realizzazione della galleria più lunga, quella tra San Mommè e Pracchia: ben 2700 m che per realizzarla dovettero progettare e realizzare delle trivelle alquanto speciali, in considerazione della tipologia e consistenza della roccia presente.
Ancora oggi, nonostante che molti viadotti siano stati fatti brillare dai tedeschi in ritirata nel 1945, ricordiamo che una vasta area di queste montagne, erano identificate con la famosa “linea gotica”, considerata dalle forze di occupazione assolutamente invalicabile, ricostruiti con tecnologie recenti, sono ancora visibili le numerose opere di ingegneria idraulica e ferroviaria, che tuttora sorprendono per le soluzioni tecniche e per l’elevato livello qualitativo: sono la testimonianza di quanto la sapienza artigiana, la dedizione e l’immane passione facevano si che le opere fossero fatte per durare.
Data la particolare conformazione orografica del territorio, la linea Porrettana è tuttora un’infrastruttura insostituibile per il servizio di trasporto pubblico nell’area dell’Appennino tosco-emiliano che va da Pistoia a Porretta Terme: è indispensabile per le persone che hanno la necessità di spostarsi per studio, lavoro e, molto importante, per accedere a tutti quei servizi sanitari presenti in città di cui invece il territorio montano ne è privo. Inoltre, rappresenta un patrimonio storico e culturale che se salvaguardato e valorizzato come da sempre merita, genererebbe un flusso di visitatori che farebbe da volano per un futuro sviluppo turistico della zona che purtroppo ultimamente è andato completamente scemando.
Purtroppo da alcuni anni questo gioiello ferroviario, incastonato tra montagne ricche di flora e rarità faunistiche, è stata oggetto di una politica lenta ma graduale, secondo una subdola ed alquanto collaudata strategia, di dismissione, in quanto è quella di innescare un circolo vizioso tra il peggioramento del servizio ed il calo dell’utenza: tutto questo, viene preso a pretesto per giustificare un ulteriore taglio. In effetti, con le sole sei corse giornaliere sommate ai numerosi problemi di disagi e mancate coincidenze, il servizio si rivela inefficace costringendo coloro che ne hanno la possibilità, di ricorrere all’utilizzo del mezzo privato che direttamente è causa di un ulteriore costante abbassamento dell’utenza col risultato di mettere a rischio il futuro stesso della ferrovia. Ne consegue, che si pone a rischio anche il futuro di tutta un’area che, purtroppo, sta già vivendo una situazione drammatica tra quel poco di tessuto economico presente e la netta mancanza di opportunità per i residenti, specialmente i giovani.
Lo scorso 5 gennaio, a seguito di una imponente massa franosa che ha interessato la ferrovia, la situazione è ulteriormente peggiorata, tant’è che il servizio viene svolto con autobus sostitutivi nel tratto in esame, cioè Pistoia-Porretta: ne consegue, che questo ripiego comporta notevoli problematiche, ma purtroppo, non esiste ancora una stima ufficiale dei tempi previsti di ripristino e tantomeno di un’eventuale ripristino della circolazione.
Tutta questa innata trascuratezza, crea una forte e viva preoccupazione anche tra gli operatori turistici, che a ragion veduta, si prefigurano una stagione estiva disastrosa ed anche tra i volontari delle associazioni che lavorano agli eventi legati al Centocinquantenario che dovevano rappresentare una splendida ed irripetibile vetrina promozionale per il rilancio, oltre che della ferrovia stessa, della montagna.
Ora più che mai è indispensabile, non solo pensare, ma attuare una fattiva strategia di sviluppo della montagna basata sulla rivalutazione delle risorse locali e sulla difesa di un livello minimo dei servizi, in cui inserire un’approfondita politica di valorizzazione della Ferrovia Porrettana che la individui come asse portante della mobilità, e come risorsa turistica in sé, dall’alto dell’intrinseca storicità e cultura delle genti che attraversa.