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TESTO E FOTO DI
Matteo Franzoni
Monologo comico e satirico di Alessandra Faiella che con “La versione di Barbie” richiama il pubblico delle grandi occasioni e fa ridere uomini e donne di tutte le età grazie alla sua verve e al suo sarcasmo capace di sminuire il mito della bambolina bionda.
Un trattato sulla condizione sociale femminile dalla nascita fino all’età matura.
Un soliloquio che fa ridere, ma anche riflettere su quanto l’indipendenza della donna, quella emancipazione vera fatta del rispetto della persona in quanto tale sia ancora da divenire.
Alessandra si guarda attorno, è un’attenta osservatrice e senza mezzi termini fa satira illustrandoci perché fin da bambina odiava la top model di plastica. Ci racconta che le donne possono avere il diritto di sentirsi inadeguate e che un bel vaffa dedicato a tutti gli stereotipi di donne veline, in rosa e belle a tutti i costi può essere la giusta risposta all’inadeguatezza provata.
Con piglio ironico invita le donne a riprendere in mano la propria vita facendo vestire le proprie figlie per carnevale da cowboy se lo desiderano, cercando di non essere madri per tutta la vita, capendo che il proprio marito è un marito e non un bimbo da accudire, cercando un lavoro che piace…Lo ripete con forza e convinzione, affermando “donne riprendetevi la vostra autonomia anche nel rapporto con l’altro sesso, perché siete forti come l’uomo, se non di più!”
In modo particolare se la prende con Barbie che in barba alle lotte femministe ha imposto per generazioni un modello di femmina bionda e perfetta, servile e quasi irraggiungibile per la maggior parte delle donne. Ma il messaggio di speranza c’è: per essere felici basta riscrivere le favole a modo nostro. Alessandra è irriverente, sicura di se, sfacciata. Inizia lo spettacolo cantando “i sogni sono desideri” di Cenerentola, il tutto al buio con la sola luce della torcia che l’attrice tiene in mano come a rappresentare una sorta di inconscio che viene spezzato quando la luce sul palco squarcia le tenebre e i ricordi del personaggio si fanno strada prendendo coscienza: da piccina mentre giocava alla guerra con i suoi compagnucci che la costringevano a fare la moglie che stava a casa ad accudire i bambini in attesa del rientro a casa dei soldati, oppure l’orrenda stanza tutta rosa della sua amichetta Ludovica piena zeppa di Barbie, la musica in sottofondo e le sfilate delle terribili top model di plastica a riempire i pomeriggi. Poi i ricordi si fanno via sempre più lucidi e sarcastici ridicolizzando il maschio e la sua fierezza.
Nel backstage ho avuto occasione di intervistare Alessandra, che anche nel personale si è dimostrata molto affabile e simpatica. Alla domanda cosa ci sia di Barbie in lei, la risposta è stata perentoria e chiara, infatti l’artista dichiara di non avere similitudini con la bambolina di plastica, se non il timore dell’invecchiamento e della decadenza fisica, timore peraltro infondato dato che è una bella donna nel pieno della vita e delle attività artistiche.
Ha poi affermato che le piace tutto quello che è spettacolo e comunicazione con il pubblico. La sua grande passione è il teatro per il rapporto diretto con il pubblico e per il contatto ed empatia che si creano, poi il cinema e la televisione che le hanno dato notorietà, senza disdegnare la scrittura che la impegna più a lungo.
Insomma, un’artista a tutto tondo che sa farsi amare per la propria schiettezza e simpatia, per la sua capacità di osservazione e per la sua innata capacità di trasportare gli eventi e trasformarli in risate e divertimento.