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TESTO DI Elisabetta Smaniotto |
FOTO DI Archivio |
Proseguendo l’esposizione dell’istituto della prelazione, premessi brevi cenni generali, occorre ora affrontare il tema della prelazione agraria vera e propria che, al fine di operare, richiede che oggetto del trasferimento a titolo oneroso sia un terreno agricolo.
La prelazione agraria trova fonte legislativa in due norme.
La prima è la legge 26 maggio 1965, n. 590, Disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice, il cui primo comma dell’articolo 8 disciplina il diritto di prelazione spettante a “….. l'affittuario, il mezzadro, il colono o il compartecipante … “.
La seconda è la legge 14 agosto 1971, n. 817, Disposizioni per il rifinanziamento delle provvidenze per lo sviluppo della proprietà coltivatrice, il cui articolo 7 regola il diritto di prelazione agraria in capo al coltivatore diretto confinante.
Le disposizioni sopra richiamate regolano entrambe il diritto di prelazione, tuttavia sono differenti i presupposti di operatività delle.
La prima, infatti, esclude la seconda, nel senso che prevale il primo tipo di prelazione rispetto al secondo.
L’art. 8 della L. 590/1965, in particolare, regola il caso del diritto di prelazione spettante all’affittuario, mezzadro, colono o compartecipante del fondo, il quale ha diritto ad essere preferito nell’acquisto del terreno, nel caso in cui il proprietario intenda disporne a titolo oneroso.
Caratteristiche di tale diritto di prelazione, oltre al richiamato requisito soggettivo che deve possedere il titolare del diritto di prelazione (ovvero colui che ha diritto a subentrare nella posizione di acquirente del fondo con priorità rispetto a terzi), sono altri presupposti oggettivi, ovvero, che il fondo sia coltivato da tale soggetto da almeno quattro anni e che “….. non abbia venduto, nel biennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a lire mille, salvo il caso di cessione a scopo di ricomposizione fondiaria, ed il fondo per il quale intende esercitare la prelazione in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà od enfiteusi non superi il triplo della, superficie corrispondente alla capacità lavorativa della, sua famiglia.”.
In presenza dei richiamati presupposti, quindi, opera il diritto di prelazione.
Il secondo tipo di prelazione agraria, tale enunciata nella legge 817/1971, invece, opera nel caso in cui non sussistano i presupposti per l’operatività della prima (ex L. 590/1965), ovvero, sul fondo da alienare non devono essere presenti ….. l'affittuario, il mezzadro, il colono o il compartecipante ….
Il legislatore, quindi, ha previsto che se mancano i presupposti per l’operatività della prelazione agraria di cui alla L.590/1965, ma sussistono quelli alla base della legge 817/1971, abbia luogo quest’ultima.
Venendo ad analizzare quest’ultima, emerge che il legislatore ha attribuito il diritto in parola “..… 1) al mezzadro o al colono il cui contratto sia stato stipulato dopo l'entrata in vigore della legge 15 settembre 1964, n. 756; 2) al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti.”.
Quindi, anche in questo caso, per essere legittimati ad esercitare il diritto in parola è necessario sussistano requisiti soggettivi in capo al confinante, nonché, requisiti di natura oggettiva, ovvero il fondo deve esser stato coltivato da almeno due anni, come emerge dal primo comma dell’art. 7.
Pertanto, il legislatore ha riconosciuto in capo al proprietario di terreni agricoli che intenda trasferirli, l’obbligo di offrirli in prelazione ai soggetti indicati nelle predette norme e, qualora ciò non avvenga, sono poi previsti strumenti di tutela in capo al prelazionario leso, quale il diritto di riscatto del quale, insieme ad altri aspetti della prelazione agraria, si tratterà in seguito.