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Lavoro

22/08/2014

Ristrutturare l’impresa. Una questione di mezzi o di pensiero?

Qui si deve cambiare rotta…”; “ Devo trovare una nuova linea…”; “ Se continuiamo a ridurre il listino non ci resterà nessuna marginalità…”; “E se provassimo a produrre all’estero anche noi?”; “Speriamo che ci vengano a comprare…”; “Bisogna ridurre e tagliare le spese. Ora è il momento di stare fermi ed aspettare momenti migliori…”.

Chi non ha mai sentito almeno una volta queste parole? O chi non ha mai avuto questi pensieri legati comunque a strategie di cambiamento da apportare all’ impresa, o all’organizzazione del proprio lavoro. Di solito accade in momenti come questi. Momenti in cui la crisi e le difficoltà ci tagliano le gambe e abbassano il livello umorale, anche se consapevoli di non avere commesso errori volontari. E’ un linguaggio comune.

  

Il mio parere è che nella ristrutturazione dell'impresa, o nell’affrontare importanti cambiamenti, importa capire quale linguaggio l’azienda deve adottare, perché ogni azienda ha il SUO linguaggio, il SUO modo di operare, il SUO modo di scrivere in qualche modo le tracce da seguire,  essenziali per la SUA valorizzazione e per il cambiamento.

La questione credo si ponga più in termini intellettuali, di parole e d'ascolto, piuttosto che di sostanza. Gestire un'impresa non è solo una questione di fredda organizzazione, ma di pensiero, cultura e aspettative. In pratica ed estrema sintesi, la gestione rispecchia il carattere di chi ha il volante della guida.


E allora ricordiamoci che vivere non è tirare a campare, combattere non è solo difendersi, riuscire non è battere la concorrenza e basta.

Gestire un'azienda è per me più una questione di cervello, che di arida strategia, perché nessuna strada si può percorrere senza il cervello, dispositivo di forza, propulsore ad energia pulita, contenitore di virtù, fucina di pensieri che si devono trasformare in azioni, per rendere reale quello che si è solo pensato.


Il "cervello dell'impresa", quello che ognuno di noi deve avere, non può trarre la sua soddisfazione solo dai clienti e dalla loro quantità, ma da un progetto elaborato e dal programma che si intende sviluppare per arrivare a completarlo nel tempo. Nel tempo….

Questa dovrebbe essere la vera essenza dell’imprenditorialità. Questo un percorso inevitabile, perché é cambiato il mondo, sono cambiati gli equilibri internazionali, i mercati mondiali.

Nuovi paesi si sviluppano in modo inarrestabile per diventare le potenze di oggi, di domani, dei prossimi decenni.


Un salto di qualità diventa allora indispensabile. Ma per compiere questo salto dobbiamo prima imparare a valorizzare quello che abbiamo di più bello: la nostra proprietà intellettuale.

Fare lavorare il PENSIERO come se questo fosse un bene tangibile, esattamente come un’attrezzatura per produrre più in fretta e a minor costo.

Il mondo aspetta i nostri prodotti, ma apprezza ancora di più la nostra inventiva e la fantasia.

Crederci e avere un progetto dentro il nostro cervello da compiere è indispensabile.


La trasformazione, che è già in atto anche se forse non ce ne siamo accorti, è quella di fare in modo che il nostro lavoro, che oggi serve principalmente per fare un prodotto o un servizio, diventi esso stesso un prodotto. Lo ripeto. Dobbiamo fare in modo che il lavoro che svolgiamo, qualunque esso sia, diventi esso stesso un prodotto. Cosa intendo dire?

Difficile da spiegare se non facendo un esempio, fondamentale per comprendere il processo evolutivo degli ultimi 40 anni della nostra vita. Qualcuno, forse quelli della mia età, si ricorderà come 40 anni fa, all'ora di pranzo, le strade diventavano blu. Qualcuno l’avrà sentito dai suoi genitori, o visto in qualche servizio alla TV. Erano le tute di migliaia e migliaia di persone, che nelle più grandi città industriali uscivano per la pausa dalle fabbriche. Uno spettacolo di umanità che ci ricordava che eravamo vivi, produttivi, che l’economia girava, che le famiglie crescevano e miglioravano, che la fatica era un modo di vivere la quotidianità. Oggi tutto questo non succede quasi più, perché al lavoro manuale si è sostituito il lavoro dell'ingegno, della macchina e della sua intelligenza artificiale, che sostituisce il lavoro manuale.


Il “lavoro prodotto”


Oggi, che il tempo scorre molto più in fretta, che tutto si evolve in modo vertiginoso, rispetto al passato, il lavoro manuale o strumentale diminuisce sempre di più. Finirà per sparire, per lasciare il posto al "lavoro prodotto"; il lavoro che diventa esso stesso un prodotto.

Ma allora cos’è il lavoro prodotto? Cosa intendo per "lavoro come prodotto"? Tutto quello che non è strumentale. Allora pensiamo all'arte, alla cultura, alla ricerca, al pensiero, alle idee. Il cervello che pensa, il cervello che trova soluzioni, che risolve i problemi all'interno dell'impresa.

Tutto questo è "il lavoro prodotto". Il titolare di un’impresa è un "lavoro prodotto", perché lavora anche mentre guida l’auto, al sabato, alla domenica, sotto la doccia, prima di addormentarsi. Il suo non è un lavoro strumentale, eppure produce. Ecco cosa intendo per "lavoro prodotto". Forse che lo sport, lo spettacolo, il cinema o il divertimento in genere sono strumentali?

Quello che 100 anni fa era considerato lavoro vero, quello manuale, della falce che tagliava il grano, per intenderci, o del martello e dell’incudine per forgiare il ferro, oggi non esiste più. Si è estinto. Pensiamoci... Eppure il mondo è progredito, la tecnologia ha sostituito quello che si è estinto.


Dov'é la produttività e la remunerazione oggi? Nel vendere 1000 prodotti a bassa marginalità, o vendere soluzioni, idee? In termini di valore, possiamo dire che 8 ore di un ricercatore affermato valgono come 8 ore di un fabbro? (senza per questo togliere dignità al nobilissimo lavoro del fabbro). Le "vecchie" regole non sono più valide. Il mondo è cambiato e cambierà ancora più in fretta. 100 anni fa, società industriale e capitalismo andavano sottobraccio. Camminavano e sorridevano insieme. Oggi viviamo nella società dell'informazione, della conoscenza, dell'economia fortemente influenzata dai valori sociali. Ne sa qualcosa la BP, che ha visto crollare le sue azioni ed il suo prestigio per una mancanza di eco-sostenibilità, che ha dovuto perdere moltissimo denaro, pur sapendo che l’intero pianeta un po’ li odia.


Allora entrare in quest'ottica, comprendere come è indispensabile attivare le proprie capacità intellettuali, è fondamentale, più di ogni altra strategia.

La conoscenza, la sperimentazione, lo sviluppo delle nostre idee, il tempo per pensare, per dare valore alla mente come strumento per progredire.

Combattere la propria battaglia solo sulla produzione e sulla quantità non serve, o serve momentaneamente. Ci risolve un piccolo problema oggi, ma non il grande problema di domani. Non potremo MAI essere più competitivi di altri paesi che oggi si trovano nelle condizioni in cui si trovava l’Italia 50 anni fa. E allora l'unica battaglia possibile da combattere è quella "intellettuale", delle idee, del cervello da usare come strumento di lavoro, che produce lavoro.

Pensiamoci…. Pensiero, parola, azione.

 

 

 

novembre 2024


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di: Alberto Bortolotti

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